martedì 24 maggio 2011

Perché voterò sì ai referendum sull'acqua

Si sta sviluppando il dibattito sui referendum, e questo lo giudico un fatto positivo perché al di là delle diverse opinioni e posizioni, credo sia necessario esercitare il diritto di voto e riaffermare il valore della democrazia diretta. Associazioni ambientaliste come Amici della Terra, e alcuni personaggi di rilievo, anche dell’area di centrosinistra come l’ex ministro Franco Bassanini e il senatore Franco Debenedetti stanno motivando i loro “no” ai referendum sull’acqua. Ho letto e approfondito le loro motivazioni, ma resto convintamente della mia idea: due sì all’acqua pubblica, e quattro sì ai quattro quesiti referendari.


Cerco di sintetizzare le motivazioni per quanto riguarda i due referendum sull’acqua pubblica:

1) Sono convinto non si possa consentire un lucro privato su un bene pubblico. Faccio un esempio in tutt'altro campo: credo che un impianto sportivo, di proprietà pubblica, non possa essere dato in gestione a un privato, a meno che non si tratti di privato non a scopo di lucro (Onlus, Asd, etc). Nello sport esistono enti no profit disponibili alla gestione non lucrativa, ma non credo sia così per acqua e simili.

2) Sono convinto che non solo la proprietà, ma anche la gestione debba essere pubblica per quei beni e servizi di utilizzo primario laddove sia impossibile la concorrenza. Di più, ritengo che le situazioni di monopolio naturale debbano essere esclusivamente di pertinenza pubblica (strade, autostrade, binari ferroviari, cablatura telefonica, etc etc).

3) Sono convinto che la gestione pubblica permetta all'utente finale di individuare direttamente le responsabilità gestionali/amministrative, che ricadono inevitabilmente sulla politica.

4) Sono convinto che il sistema misto pubblico/privato abbia dimostrato tutti i suoi limiti e tutte le sue lacune, tendendo alla pubblicizzazione delle perdite e alla privatizzazione degli utili, e favorendo sistemi di interconnessione più o meno occulta tra i privati e la politica. Quindi, o tutto pubblico, o tutto privato, se e quando è possibile la concorrenza. Nel caso dell'acqua la scelta è univoca.

5) Sono convinto che non ci siano posti di lavoro in pericolo, perché addetti, funzionari, quadri e impiegati serviranno comunque (anzi, saranno maggiormente tutelati perché equiparati ai dipendenti pubblici). Gli unici che spariranno saranno tutti quei politici inseriti a non far nulla e a ricevere prebende nei cda delle aziende miste.

Mi fido poco della politica, mi fido ancor meno dei privati quando non sono e non possono essere in un regime di concorrenza. La vicenda Acqualatina è emblematica: il cda misto, guidato da un rappresentante della parte pubblica (prima il presidente della Provincia, poi il mitico senatore Fazzone, oggi un suo incaricato per riequilibrare i rapporti politici di coalizione) si è sempre svincolato dalle responsabilità proprio per la presenza del socio privato, e non ha mai svolto un ruolo di amministrazione dell'azienda. Domani, con la diretta e unica responsabilità pubblica, il Fazzone di turno o chi per lui, dovrà rispondere in prima persona di costi, inefficienze, ritardi, assegnando una precisa responsabilità alla politica. I comportamenti demagogici di alcuni sindaci hanno un'incidenza minima se non nulla sull'opinione pubblica, l'inefficienza di Acqualatina sta proprio nell'irrisolto dualismo pubblico/privato che ha consentito a quest'ultimo di foraggiare il primo, dando il via a rendite di posizione e a poltrone ambite per la possibilità di incassare molto senza fare nulla.

La lotta agli sprechi dovrà avvenire comunque, anche in caso di vittoria del sì. Anzi, con la presenza del privato non c'è lotta agli sprechi perché c'è l'interesse a un maggior consumo. Che poi ci sia un riequilibrio dei costi anche su base reddituale (per quella patrimoniale ho una naturale avversione) non ci vedo nulla di negativo. Naturalmente non penso che possa essere l'unico canale, ma credo che chi guadagna di più debba pagare un po' di più per i servizi pubblici, perché in quel "di più" c'è anche la remunerazione indiretta per quella parte di reddito incassata grazie a chi guadagna meno.

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